Giunta all’età di novantaquattro anni, mi è stato chiesto di scrivere come ho vissuto e vivo con la mia sordità e lo faccio volentieri.
Ecco il racconto.
All’età di 32 anni ero al telefono con un fornitore, in un’azienda commerciale dei miei zii; all’improvviso non sentii più nulla: chiamai mio zio ed egli continuò la conversazione al mio posto.
Iniziai un percorso di controlli da parte di diversi dottori, ma il responso non fu confortante: era l’inizio della sordità. Non ne feci un dramma, benché tutti i giorni facessi il viaggio in tram Monza-Milano portando sotto gli abiti, avvolto in un sacchetto e legato con una cintura, un apparecchio funzionante con pile ad acqua; dalla scollatura del vestito usciva il filo che lo collegava all’auricolare, agganciato all’orecchio.
Non ho mai nascosto questa infermità, anzi facevo tutto con serenità e quando andavo nei negozi per qualsiasi acquisto, se non capivo chiedevo di ripetere bene specificando che ero sorda e ringraziavo per la cortesia.
Nel 1952 mi trasferii a Milano con mia sorella e mio cognato, continuando a lavorare nell’azienda degli zii che si era sviluppata molto (30 dipendenti). Come dirigente amministrativa avevo alle mie dipendenze quattro giovani impiegate; pur avendo sostituito il vecchio apparecchio con uno di tipo nuovissimo, l’udito andava affievolendosi e cominciai ad utilizzare molto di più la vista: osservavo bene il movimento delle labbra e del viso delle persone quando parlavano con me e, se non capivo bene, mi bastava far ripetere le prime parole.
I rumori li percepivo con il tatto delle mani e del corpo, ad esempio il funzionamento di una lavastoviglie lo avvertivo con le mani, un temporale normale appoggiando il corpo alla finestra. Se è di intensità molto forte lo sento, ancora oggi che ho 94 anni, come un movimento che mi percorre tutto il corpo..
Un piccolo aneddoto:
a 44 anni, a causa di un’operazione, mi furono consigliate delle cure a Salsomaggiore: viaggiai da sola in treno; all’arrivo feci subito presente la mia sordità al taxista, che mi portò all’azienda turistica. All’impiegata chiesi di appoggiarmi ad un albergo un po’ familiare, dato che era la prima volta che mi trovavo da sola a fare i conti con la mia sordità. Da quella volta per 15 anni ho proseguito le cure cambiando anche diversi alberghi e sempre da sola!
Senza tristezza, il pomeriggio era dedicato (dopo il riposo) al fermarsi in un bar per il gelato o per il the, al sostare su una panchina nel parco e al camminare davanti ai negozi, concedendomi anche il piacere di fare qualche acquisto: un po’ di tutto, anche qualche quadro.
A 55 anni lasciai l’azienda, ritornai alla mia nativa Monza, con la sorella, il cognato e la mia amatissima nipote Ida, la quale seguiva gli studi di chitarra classica; un giorno mi fece appoggiare la mano sulla chitarra: che piacere, ho sentito il suono!.
Non contenta, senza farmi vedere lo spartito, iniziava a suonare e io tenevo la mano sulla chitarra, alla fine mi chiedeva cosa avesse suonato; rispondevo: valzer, tango, mazurka…le conoscevo perché a 16-17 anni con una mia amica andavo a ballare.
Non solo per me, ma anche per Ida questa esperienza fu importante, infatti fu proprio da lì che mia nipote iniziò ad appassionarsi allo studio del suono come terapia per il corpo e non solo come piacere per l’udito. Come già riferito, l’occhio mi sostituisce molto, anche ora seguendo un programma in tv (es. Ballando con le stelle), pur non sentendo musica, canto e parole, lo seguo con piacere. Il ballo, i movimenti, i colori mi attraggono molto.
Naturalmente ci sono momenti di sconforto, ma bisogna accettare con un po’ di filosofia la nostra infermità, non la possiamo cambiare.
La difficoltà maggiore è quando ci si trova con due o tre persone: cerco di seguire il più possibile con gli occhi, così quando afferro l’argomento chiedo che mi venga ripetuto in breve e ben chiaro.
Una volta la settimana vado anche al supermercato sola ed alla cassa, se non riesco a capire quanto devo pagare, chiedo oppure passo il borsellino.
Desidero precisare la fonte principale di questa mia serenità.
Per me è avvenuta in seguito ad un pellegrinaggio a Lourdes con mia zia Adele. Al ritorno mi chiese se avessi chiesto la grazia della guarigione: “No” risposi, perché sul piazzale davanti alla grotta dell’apparizione della Madonna, venivano portati tutti, ammalati e non; passava un sacerdote che portava l’ostensorio sotto un baldacchino e, facendo il giro, benediceva tutti; davanti a me c’era distesa una donna di 40 anni: viveva da 10 anni a pancia in giù…
Rivolsi alla Madonna la preghiera di aiutarmi ad accettare sempre la mia situazione.
Tutt’oggi ancora la ringrazio e la prego sempre.
Giuseppina Taglioretti